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Immagine del redattoreMadre Maria Vittoria Longhitano

LA SEQUELA ESEMPLARE

“E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada” (Mc10, 46-52).

Bartimeo, il discepolato esemplare

Ci troviamo a Gerico che è l'ultima "fermata" di Gesù prima di salire a Gerusalemme e, quindi, di iniziare il percorso che lo porterà sulla croce e che culminerà con la Resurrezione. È un momento delicato e drammatico e l'episodio di Bartimeo conclude la lunga istruzione di Gesù ai discepoli iniziata a metà del capitolo 8. Per illuminare questo brano, occorre tracciare un parallelo con Marco 8 22-26. L'evangelista colloca all'inzio la guarigione di un anonimo cieco, mentre alle soglie dell'ingresso in Gerusalemme, ci racconta della guarigione di Bartimeo, il cieco di Gerico. Le collocazioni scelte da Marco per questi due episodi, evocano il percorso simbolico della relazione tra Gesù e discepoli. L'episodio di Bartimeo precede l'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme e, pur nella sua brevità, rappresenta una delle esemplificazioni più significative e dense che il Vangelo di Marco ci offre. Mentre il cieco di Betsaida, di cui l'evangelista ci racconta in Mc 8 22-26, non ha una fisionomia, nè una identità, il cieco di Gerico possiede un'identità anagrafica definita (Bartimeo, figlio di Timeo), una precisa collocazione sociale e spazio - temporale. Mentre il cieco di Bethesda è un cieco, in qualche modo fortunato, perché viene accompagnato da Gesù da un gruppo di persone, presumibilmente membri della sua famiglia ("gli portarono un cieco pregando di toccarlo"), il cieco Bartimeo è stato, presumibilmente, abbandonato in obbedienza alla tremenda visione veterotestamentaria che presuppone che una malattia altro non è che la punizione (e, quindi, la conseguenza), di un peccato, o di una colpa commessa: il testo ci dice che Bartimeo era seduto sul ciglio della strada a mendicare. Questo presuppone che fosse un misero ed un escluso. Probabilmente, egli aveva sentito parlare di Gesù , aveva sentito predicare Gesù, aveva avuto fiducia nelle sue parole, aveva compreso la natura del Cristo. Leggiamo, infatti, nel "avendo udito che è Gesù il Nazareno": quindi già conosceva Gesù, il suo insegnamento ed aveva creduto nell'Avvento del Regno, con una forza ed uno slancio alquanto commoventi. Bartimeo, al richiamo di Gesù" gettò il mantello" cioè lasció tutto quello che possedeva - il mantello per un mendicante era casa, rifugio,letto, dispensa, sicurezza - per correre da Gesù, per la sequela. Ancora appare interessante come Gesù, nel guarire l'anonimo cieco di Bethesda lo porta in disparte, conducendolo fuori dal villaggio (Mc 8 23 ) e compie su di lui dei gesti che allora erano considerati taumaturgici: gli impone le mani, sputa sugli occhi, e la guarigione arriva in modo graduale. Gesù non chiede al cieco di Bethesda: "cosa vuoi che io faccia per te?" ma lo sana e lo rimanda a casa,imponendogli di non passare per il villaggio in modo che non possa riferire ciò che è accaduto mentre, la conseguenza diretta della guarigione del cieco Bartimeo sembra essere la sequela. Analizziamo più da vicino il testo dell'episodio di Bartimeo. È descritto come un cieco che "sedeva",dunque era in posizione statica, si trovava "sul ciglio della strada" e di fatto era fuori dal passaggio di Gesù. Alla fine Bartimeo "vede" e segue Gesù: dunque, in un primo momento Gesù è distante, vi è poi lo sforzo che il cieco Bartimeo compie per entrare in relazione con Gesù. Egli ricerca il contatto con lui attraverso il grido "...figlio di Davide, abbi pietà di me" e deve essere un grido estremamente forte ed accorato, ripetuto più volte poiché sembra penetrare oltre il vociare della calca e sormontare il rimprovero di coloro che circondano Gesù e che cercano di farlo tacere. E’ importante notare come il suo grido di "pietà" può non riferirsi solamente alle condizioni tristi in cui la sua infermità lo pone cioè alla sua emarginazione, alle sue paure ma, probabilmente, al suo aver introiettato la convinzione di essere un "maledetto" poichè ritiene la sua infermità come frutto e conseguenza del peccato così come comunemente era creduto al suo tempo. Inoltre, è il grido messianico per antonomasia, per cui quell’invocazione appare come una professione di fede non solo nella messianicità di Gesù ma anche nella capacità del Cristo di chinarsi sul male del mondo e sulle infermità umane per sanare e ristabilire il bene e la pace. Nell'udire il grido, Gesù interrompe il suo cammino e si ferma, chiedendo di portargli il cieco con il quale comincia a dialogare. È un dialogo molto intenso, molto profondo anche se fatto di poche e scarne battute: "cosa vuoi che io faccia per te?" e sembra di sentire la stessa domanda che Gesù rivolge ai figli di Zebedeo. A questo punto balzano davanti ai nostri occhi ben tre modelli di discepolato: il cieco anonimo all'inizio del capitolo 8, gli “intrepidi” figli di Zebedeo e, ovviamente, il discepolato di Bartimeo. L’anonimo cieco sembra non avere una volontà sua, non gli viene chiesto da Gesù cosa vuole, non va di sua spontanea volontà da Gesù ma viene portato da altri, non c'è alcuna invocazione, nessun riconoscimento della natura di Gesù e la sua guarigione è graduale e non ha come conseguenza la sequela. Egli ritorna a casa, ci dice il testo. Si può dedurre che si tratti di una forma quasi mediata di contatto, veicolata in qualche modo, dalla chiesa, dai membri della nascente comunita'. È il discepolo che inizia a fare i primi passi attraverso la comunità. E’ quello dell'uomo che comincia a conoscere Gesù attraverso la sua azione. L'esempio dei figli di Zebedeo può essere esemplificato come una sorta di discepolato frainteso cioè il discepolo che, pur riconoscendo la natura divina di Gesù, non ne comprende il valore, non ne comprende la missione ma intende – piuttosto che servire - asservire Gesù e la Comunità ai suoi scopi personali di potere, al soddisfacimento del suo bisogno di riconoscimento. E’ il discepolo egocentrico , che nulla nulla ha compreso nonostante la sua appartenenza alla Chiesa e, in questo caso, al Collegio Apostolico. E’ un modello alquanto negativo di discepolato, una falsa sequela dalla quale Gesù ci mette continuamente in guardia: è una ricerca dei “primi posti”, celata dietro uno zelo senza cuore (in questo modo il Signore Gesù rimprovera scribi e farisei, i quali erano ligi nel rispetto degli aspetti formali del culto ma tradiscono lo spirito della Torah, opprimendo e derubando gli ultimi della società). Mutuato nel nostro tempo, è il modello del tipo ecclesiastico che vive ed opera in contesti religiosi semplicemente per soddisfare il proprio desiderio di emergere e di ricevere omaggi e considerazione. Di questa categoria parlerà ancor più diffusamente Gesù qualche versetto avanti. In questa guisa non possiamo che evidenziare come il discepolato del cieco Bartimeo è considerato, secondo i tratti marciani, il discepolato ideale. Bartimeo ha ascoltato le parole di Gesù (“Shemà..” è il primo e più essenziale dei comandamenti), le ha ascoltate dal basso della sua miseria, della sua solitudine della sua emarginazione. Bartimeo ha avuto fiducia nelle parole di Gesù, ha creduto alla sua predicazione, fino in fondo ha compreso la natura di quell'uomo che passava tra loro predicando e beneficando e alla fine ha realizzato che quegli era il Cristo, il figlio del Dio vivente, il Messia atteso, colui che portava a compimento la storia della salvezza. E ci commuove immaginare come questo pover'uomo avvolto nel suo mantello, non in grado di vedere cosa accadeva attorno a lui, forse stremato dalla fame, dalla sete ma anche ferito nel profondo dall'abbandono, dalla derisione degli altri bevesse dalle labbra di Gesù le sue parole e, quasi al pari di Maria, serbasse le parole di Gesù nel suo cuore meditandole. E, dunque, colui che ascolta e sa che Gesù è il Messia, trova il coraggio di gridare a Lui nonostante le barriere dello stigma sociale (come osa un “maledetto” rivolgersi al Cristo?), nonostante l'ostilità della folla che vuole farlo tacere, la medesima folla che osannerà Gesù nel suo ingresso in Gerusalemme e poi griderà crocifiggilo. Il grido di Bartimeo sembra, dunque, fare da contraltare al grido con cui Gesù sarà accolto a Gerusalemme: “Osanna al figlio di Davide” mentre cieco grida “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me”: sono due invocazioni che tradizionalmente erano attribuite alla divinità e di conseguenza al Messia. Gesù stesso sembra rimanere affascinato dalla forza interiore (o, forse, dalla forza della disperazione) che questo escluso esprime. Ferma il suo cammino e lo fa chiamare: “Coraggio, alzati, ti chiama!” : è un invito ad andare al Signore così come siamo, oltre i tabù di purità/impurità illecitamente imposti da un sistema che vuole derubarci dello spirito (poco importa che sia un sistema sociale, ecclesiale, culturale, ecc), è un invito ad essere noi stessi, con i nostri limiti ed infermità. Quando siamo abbattuti dal male, stremati da sofferenze che, spesso, neanche comprendiamo, sentiamo come rivolta direttamente a noi l’esortazione: “Coraggio, alzati, ti chiama” così come, in quanto cristiani, siamo altresì chiamati a trasmettere questo invito di Gesù ad ogni uomo e ad ogni donna. lo stesso termine Resurrezione viene da un verbo greco che significa rizzarsi in piedi, alzarsi. E’ esattamente quello che il cieco fa con un enorme fiducia, lasciando tutti i suoi averi e tutte le sicurezze simbolizzate dal mantello. Ed è quello che viene chiesto a noi: non possiamo pensare ad una sequela senza rischi, senza fatica; non esiste un’autentica sequela che non implichi il mettere in discussione le sicurezze che ci avvolgono (come il mantello proteggeva e avvolgeva Bartimeo) per chiedere a Gesù che ci aiuti a vedere chiaramente nella nostra realtà, che rischiari la via della nostra sequela. Impariamo da Bartimeo ad avere fiducia nel Signore, impariamo da lui che abbiamo il diritto di gridare e che nessuno ha il diritto di farci tacere. Impariamo anche noi , da cristiani, a dire a coloro che sono smarriti di cuore parole di coraggio: “Fatti animo” o “Coraggio! Alzati, ti chiama”. Ed allora potremo sentire una vittoria del nostro coraggio, la parola finale che Gesù rivolge a Bartimeo: «Va', la tua fede ti ha salvato».


Milano 11 novembre 2018

M.++Maria Vittoria Longhitano, Presiding Bishop della Inclusive Anglican Episcopal Church e Vescova ordinaria dell'Anglican Free Communion International (Provincia europea)




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