Ai carissimi fratelli ed alle carissime sorelle della Inclusive Anglican Episcopal Church
«Quando i giorni diventano via via più corti, quando, nel corso di un inverno normale, cadono i primi fiocchi di neve, timidi e sommessi, si fanno strada i primi pensieri del Natale. (…). Già … prima un caldo flusso di amore inonda tutta le terra. Una festa dell’amore e della gioia, questa è la stella verso cui tutti accorrono …».
Così si esprimeva santa Teresa Benedetta (Edith Stein) scrivendo del Santo Natale.
Ed oggi, cari fratelli e care sorelle, si ripete questo meraviglioso miracolo del Natale: il Piccolo Bambino, dalla mangiatoia, sembra protendere le sue manine verso di noi ed il suo sorriso sembra anticipare ciò che dirà nell’adempimento della Sua missione: “Venite a me tutti voi che siete affaticati e oppressi ed io vi darò riposo” (Mt 11,28).
Il nostro cuore ci induce ad aver cura di questo Bambino, ci ispira tenerezza, ci riempie di infanzia e di magia.
Ma chi è questo piccolo Bambino che ci è nato e che è stato consegnato nelle mani dell’umanità?
Come può cambiare la mia vita, come questo evento quasi magico del Natale può continuare ad avere effetti sulla mia esistenza quotidiana, sulle mie relazioni, entrare nella mia storia?
Il Profeta Isaia ci ricorda che questo Bimbo ci è stato dato, è stato consegnato nelle nostre mani, affidato alle nostre cure.
Chi è, in realtà, il Bimbo che viene consegnato nelle nostre mani e che viene affidato alle nostre cure?
Abbracciando una esegesi che attinge allo straordinario patrimonio della psicologia del profondo e dell'antropologia, possiamo dedurre che quel bimbo è la parte più fragile e più indifesa di noi. E’ quella parte che di noi rifiutiamo, che abbiamo paura di guardare, è ciò che nella nostra esistenza è foriero di - spesso impercettibili - conflitti e fa da sottofondo ad ogni nostro dolore: sembra essere la nostra stessa esistenza che si dispiega tra il nulla e la pienezza della partecipazione alla vita divina.
Forse, il nostro "corpo di dolore" di tolliana memoria.
Il Signore Dio sembra chiedere ad ognuno di noi di accogliere la nostra fragilità, di guardare in faccia le nostre paure e le nostre debolezze, di lasciare, almeno davanti a noi stessi ed a Lui, il nostro volto scevro da ogni maschera.
So che quest’anno è stato duro per alcuni di voi. Alcune delle famiglie della nostra Chiesa, avranno un posto vuoto alla tavola del Natale. La nostalgia e l’amarezza riempie già i vostri cuori nel ricordo di chi non ci sarà accanto in queste festività.
So che siete consapevoli che i nostri cari siedono alla tavola della Gerusalemme Celeste ma accogliere l’amarezza e l’angoscia del lutto, senza respingere il dolore, è accogliere quella parte fragile di noi che protende le sue mani per essere abbracciata come parte integrante della nostra identità.
Accogliamo, abbracciamo, dunque, questa parte di noi, portandola alla luce e cullandola fra le nostre braccia, nutrendo l’essenza di noi stessi e di noi stesse come se si trattasse di un Bambino che si apre alla vita.
Il salario, la ricompensa che ci è stata promessa dall' Eterno e ci sarà elargita dall’accogliere ciò ch’è fragile e debole, è la realizzazione della promessa di Dio: una pace che non avrà mai fine (nonostante le difficoltà della vita), uno shalom profondo, un riposo dello Spirito e nella consapevolezza di essere amati e ben guidati; e poi gioia, letizia, guarigione e liberazione dalle catene che bloccano la nostra crescita e la nostra evoluzione (Is 9,1-9).
E’ questo, carissimi fratelli e sorelle, il mio augurio: che il Santo Natale Vi doni la certezza di queste promesse di Dio e che l’Anno Nuovo possa portarle a compimento.
Tempo di bilanci: il nostro Te Deum
E il Natale, come ogni nuovo inizio, è tempo anche di bilanci: tempo di dire grazie, di ricevere il salario promesso. Possiamo sentire il Signore che ci dice: “Servo buono e fedele, ricevi la tua ricompensa” (Mt 14,21).
L’Apostolo ci insegna che, insieme al dono più grande, il nostro Dio, Padre e Madre, che viene a noi nella fragilità di un Bambio, ha elargito a tutti e a tutte noi ogni altro dono, sia come singoli credenti che in quanto suo corpo, cioè come Chiesa.
E davvero questa magnifica porzione del popolo santo di Dio che vive e vivifica la sua fede nella nostra Inclusive Anglican Episcopal Church, può proclamare, per l’A.D. 2023, con voce ferma e melodiosa, il Te Deum!
Al fine di testimoniare la fedeltà del Signore verso di noi ed esprimere la nostra gratitudine, mi limiterò a citare genericamente – come una giaculatoria di gratitudine - ciò che il nostro Dio ha fatto per noi in questo 2023, senza entrare in dettagli che ognuno di noi conosce e per i quali può davvero triplicare il proprio ringraziamento.
Il Signore ha rafforzato la nostra leaderhip e il corpo pastorale, donandoci pastori di straordinaria caratura morale e intellettuale, ricchi di esperienza nella cura d’anime e innamorati di Gesù; sono stati conferiti sacri ordini a fratelli e sorelle che, da tempo, erano in cammino; ogni giorno abbiamo il privilegio di accompagnare nel discernimento ministri provenienti da realtà ecclesiali importanti. E, mentre nuove vocazioni bussano alle nostre porte, abbiamo avuto l’onore di ammettere al percorso per il conseguimento degli Ordini sacri, sorelle di grande valore.
Pregate perché il Signore ci doni la sapienza necessaria per condurre al servizio solo coloro che sono realmente chiamati.
Inoltre, abbiamo aumentato i luoghi di presenza e testimonianza con l’apertura di nuovi locali di culto per il pubblico. Grazie a padre Andrea, da quest’anno è disponibile un testo liturgico che compendia la nostra storia ed è in grado di offrire, per chi lo volesse, uno strumento efficace per la celebrazione.
Tutti e tutte ricordiamo, inoltre, le numerose iniziative culturali dell’Istituto “E. Stein”, il nostro Istituto per la formazione pastorale, che hanno riscosso un discreto successo e accresciuto notevolmente le nostre conoscenze.
Ma di quest’anno è ancor più pregnante, a mio avviso, ricordare la bellezza della comunione tra noi, i momenti di dialogo, di scambio e confronto che hanno caratterizzato le diverse componenti della nostra Chiesa: le riunioni del clero, i momenti di formazione dei candidati agli Ordini, la gioia di incontrarsi all’interno delle nostre congregazioni di vita religiosa, gli incontri nelle comunità locali. In un mondo spaccato, dilaniato da guerre e conflitti, è consolante pensare all’unità di obiettivi ed intenti che ci ha accompagnato quest’anno e l’intesa spontanea sui valori e prassi fondamentali nel nostro essere Chiesa. Di questo sono immensamente grata a voi e al Signore.
Infine, la mia designazione a Vescovo Presidente della Anglican Free Communion International in Europa, ci ha posto ancor di più al cuore della nostra grande e antica Comunione Mondiale e della nostra Europa.
Per ognuno di questi doni, eleviamo al Signore ringraziamenti ed inni di gioia.
Il Signore è nostro scudo e corazza (Sal 90,5), Egli compie meraviglie per il suo consacrato(Sal 28,9).
Egli veglia su di noi, non prende sonno il nostro custode (Sal 121,4), così come Maria e Giuseppe, stupiti, vegliavano sul piccolo appena nato.
E con le immagini di tenerezza del Natale nel cuore, riprendiamo con fiducia il cammino tracciato dall’Amore di Dio per ognuno di noi.
Su tutti Voi scenda la benedizione del Signore che viene, Dio Onnipotente, Padre e Madre, Figlio e Spirito Santo.
+++Madre Maria Vittoria Longhitano,
Vescova Primate della IAEC e Vescovo Presidente della Anglican Free Communion International in Europa
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